Seminario di studi promosso da Historia Magistra – redazione romana con Daniele Stasi, docente di Storia del pensiero politico e Filosofia politica (università di Rzeszow) e Roberto Valle, docente di Storia dell’Europa orientale (Sapienza – Università di Roma).
A circa vent’anni di distanza dalla trasformazione del sistema politico polacco in una democrazia di tipo liberale, un dato strutturale sembra caratterizzare il pluralismo delle proposte politiche dei partiti e la selezione del personale politico. Il carattere distintivo della transizione è la compresenza di due elementi apparentemente opposti ed irriducibili. Da una parte, una classe dirigente formatasi attraverso criteri di selezione di tipo “corporativo”, legato ad un sistema di cooptazione “verticale” dei rappresentanti nelle varie sedi istituzionali; dall’altra un’economia in forte espansione in cui la ricetta “neoliberale” sembra farla da padrone per almeno un quindicennio dopo la caduta del muro. Da una parte, si potrebbe scrivere, un sistema politico essenzialmente statico, in cui i nomi dei leaders, al di là dei cambi di casacca e delle denominazioni partitiche, rimangono sempre gli stessi, dall’altra un’economia in cui il nascere ed il morire delle aziende, l’accumularsi improvviso di fortune e l’impoverimento altrettanto repentino di diversi strati della società costituiscono il tratto dominante di una nazione che sembra essere posta, parafrasando un detto famoso, “tra est ed ovest”.
La dicotomia tra sistema politico, di cui le linee di sviluppo sembrano convergere con gli interessi di alcune élites, ed un sistema economico straordinariamente dinamico e, pur tuttavia, in costante ricerca di un’equilibrio, costituisce ancora oggi l’aspetto caratteristico della vita civile in Polonia. La dicotomia o, in ogni caso, divergenza tra economia e politica, mercato e rappresentanza, non deve, ciò nondimeno, far pensare ad una società disintegrata, segnata, si potrebbe dire, dalla contrapposizione tra governo e società civile. La Polonia, al pari degli altri paesi ex comunisti, ha sperimentato una forma di integrazione sociale basata sull’ideologia di tipo neoliberale rappresentabile mediante l’espressione: “fare come nei paesi capitalistici”. Se sul piano dei rapporti istituzionali la politica sembra incidere sempre di meno sulla vita economica del paese, a causa della sua scarsa dinamicità e inadeguatezza nei tempi delle scelte e nella presa di decisioni di rilevanza pubblica, l’economia, attraverso la liberalizzazione selvaggia del dopo- comunismo, appare essere sganciata dalla pianificazione governativa e svincolata da- gli strumenti di controllo costituzionale.
16 dicembre 2015 – ore 14:30
Dipartimento di Scienze Politiche
Sapienza – Università di Roma
P.le Aldo Moro, 5
Per approfondimento: D. Stasi, Appunti sulla transizione (1989-1995) in Polonia, in