Attualmente vari movimenti in Europa vengono etichettati come “populisti”: gli euroscettici britannici di Nigel Farage, gli islam-fobici di Geert Wilders nei Paesi Bassi, le proteste anti-casta di Beppe Grillo in Italia, l’anti semitismo di Jobbik in Ungheria, i sostenitori del programma anti-austerity di Die Linke in Germania, i rimandi fascisti di Marine Le Pen in Francia. Cosa hanno in comune queste formazioni politiche? In realtà molto poco e alcune sono politicamente e ideologicamente su posizioni opposte. Perché, se esse sono così differenti, le identifichiamo indiscriminatamente come populiste?
“Populismo” implica una critica alle forme e alle pratiche delle democrazie liberali, una contrapposizione tra la “gente” e le classi dirigenti considerate corrotte, una potente carica demagogica lasciando aperto ogni possibile sviluppo. Il seminario propone una riflessione sull’ambivalenza del termine, il cui uso risulta estremamente problematico.
Philippe Marlière ne discute con Guido Pescosolido, Giorgio Caredda e Gregorio Sorgonà. Coordina Marco Di Maggio.
12 novembre 2015, ore 16:00-18:00
Biblioteca del Dipartimento di Storia Culture e Religioni
Sapienza Università di Roma